So di avere creato qualche aspettativa negli appassionati di birdwatching, magari suggerimenti su posti sicuri per osservare il raro Frullino (Lymnocryptes minimus), ma in Toscana questo è anche il nome che si dà al decespugliatore.
E il frullino, inteso come decespugliatore, in mani sbagliate è veramente un’arma impropria, destinata a cancellare con filo, lame e pervicace odio per tutto quanto è naturale ogni traccia di biodiversità nel prato, pubblico o privato che sia.
Nei parchi cittadini, nel nome del “decoro urbano”, si tengono tutti i prati rasati non consentendo lo sviluppo delle fioriture: alla faccia delle buone pratiche per la tutela delle api e degli altri insetti pronubi promosse dagli stessi Comuni.
Per fortuna qualcosa sta cambiando: a Milano in alcuni settori di 54 aree pubbliche, per un totale di 1,3 milioni di metri quadrati di verde urbano comunale, l’erba dei prati sarà mantenuta più alta e più a lungo e gli sfalci saranno ridotti.
Un modo per consentire alle specie del prato di completare il ciclo vegetativo fino alla fioritura e alla produzione di seme, offrendo un habitat più ricco insetti impollinatori, uccelli e piccoli mammiferi e contribuendo alla diversità biologica.
Questa buona pratica, che si sta diffondendo in altre città italiane, costituisce anche una risposta ai cambiamenti climatici: l’erba più alta contribuisce a mitigare gli effetti delle ondate di calore estivo, oltre a migliorare la qualità dell’aria.
Il problema maggiore è convincere i cittadini che un bel prato fiorito non “farà aumentare serpenti, topi e zanzare”; solo una maggiore cultura naturalistica potrà convincere chi oggi stenta a riconoscere il prato come fonte di biodiversità.