
Padule di Fucecchio, storia dell’area protetta
Trattandosi di un ambiente palustre, soggetto a forti variazioni dei livelli idrici, nella progettazione degli interventi nelle aree protette si è mirato anche a mantenere soddisfacenti condizioni di allagamento il più a lungo possibile.
L’idea di mantenere umida la zona umida anche in periodo primaverile-estivo, apparentemente intuitiva, era ed è tuttora contrastata da molti proprietari dei terreni, per i quali il Padule deve rimanere allagato solo per una parte dell’anno.
Alla data di istituzione della Riserva tutte le calle del bacino venivano aperte entro il 30 aprile, lasciando prosciugare l’intera area, e solo molti anni dopo la Provincia di Pistoia promuoveva una mediazione spostando la data al 30 giugno.
Il prosciugamento del bacino palustre prima di giugno era quindi da considerarsi il più grave fattore limitante per la riproduzione dell’avifauna, con conseguenze anche sul resto della fauna e naturalmente sulla vegetazione acquatica.
Questa problematica era strettamente connessa con quella della qualità delle acque superficiali che alimentano il Padule, fortemente inquinate da scarichi civili e industriali, e con il processo di progressivo interrimento del bacino.
La Regione Toscana nel 2004 ribadiva fra le misure di conservazione da adottare nel Sito di Importanza Regionale una “gestione del regime idrico che assicuri il mantenimento di aree allagate anche nel periodo estivo, la riduzione delle variazioni dei livelli delle acque (soprattutto nel periodo primaverile) e la riduzione degli apporti solidi e d’inquinanti”.
Se a livello generale tali indicazioni richiedono una politica d’area vasta, soprattutto per quel che riguarda inquinamento e interrimento del Padule, almeno nelle aree protette Le Morette e Righetti si è realizzata subito una serie di calle per regimare/selezionare la quantità, ma in qualche modo anche la qualità, delle acque in ingresso.
Per molti anni l’apertura e chiusura delle calle delle aree di Riserva ha seguito un protocollo mirato a salvaguardarle dall’ingresso massiccio delle acque di prima pioggia e dalle acque di piena che trasportano una notevole quantità di sedimento.
Il problema non è infatti solo di ordine quantitativo: per sostenere la biodiversità del Padule è necessario che le acque presenti non superino determinati valori di COD, né determinate concentrazioni di sali, metalli pesanti o altri inquinanti.
Purtroppo in ambedue le aree tali accortezze sono state più volte vanificate da ignoti che, in agosto-settembre, hanno manomesso le calle facendo entrare le prime acque ricche di fanghi sollevati dal fondo, con gravi danni ambientali.
La visione dei cacciatori/proprietari, che all’avvicinarsi della stagione venatoria fanno di tutto per riempire i chiari d’acqua, indipendentemente dalla sua qualità, porta a questi atti irresponsabili, che si ripetono anche ai nostri giorni.
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